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      E finalmente, io non mi posso contener di rivolgermi un poco al medesimo Sarsi, che si stupisce del mio inescusabil mancamento nell'uso dell'esperienze. Voi dunque, signor Sarsi, mi tassate per cattivo sperimentatore, mentre nell'istesso maneggio errate quanto più gravemente errar si possa? Voi avete bisogno di mostrarci che la fiamma interposta non basta, contro alla nostra asserzione, ad occultarci le stelle, e per convincerci con esperienze dite che provando noi a riguardar uomini, tizzoni, carboni, scritture e candele posti oltre alle fiamme, sensatamente gli vederemo: né mai v'è venuto in pensiero di dirci che noi proviamo a guardar le stelle? e perché, in buon'ora, non ci avete voi detto alla bella prima: Interponete una fiamma tra l'occhio e qualche stella, ché voi né più né meno la vederete? Mancano forse le stelle in cielo? e questo è esser destro ed avveduto sperimentatore? Io vi domando se la fiamma della cometa è come le nostre, o d'altra natura. Se d'altra natura, l'esperienze fatte nelle nostre non ànno forza di concludere in quella: se è come le nostre, potevate immediatamente farci veder le stelle per le nostre, lasciando stare i tizzoni, funghi e l'altre cose; e quando dite che dopo la fiammella d'una candela si scorgono i caratteri, potevate dire che si scorge una stella. Signor Sarsi, chi volesse trattarla con voi, come si dice, mercantilmente, cioè con una bilancia sottilissima e giustissima, direbbe che voi foste in obligo di fare accendere una fiamma lontanissima e grandissima quanto la cometa e farci per essa veder le stelle, atteso che e la grandezza della fiamma e la lontananza dell'occhio da quella importano assaissimo in questo fatto e se ne deve tener gran conto: ma io, per farvi ogni agevolezza e vantaggio, mi voglio contentare d'assai meno, e voglio prepararvi mezi accommodatissimi per vostro bisogno.


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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 290

   





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