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      SIMP. Ma già che concedete questo assioma ad Aristotele, non credo che siate per negargliene un altro, bellissimo e vero: e questo è, che la natura non intraprende a voler fare quello che repugna ad esser fatto, dal qual pronunziato mi par che dependa la soluzione del vostro dubbio. Perché dunque a se medesimo repugna essere uno spazio vacuo, vieta la natura il far quello in consequenza di che necessariamente succederebbe il vacuo; e tale è la separazione delle due lastre.
      SAGR. Ora, ammesso per soluzione adequata del mio dubbio questo che produce il Sig. Simplicio, seguitando il cominciato discorso, parmi che questa medesima repugnanza al vacuo devrebbe esser bastante ritegno delle parti di un solido di pietra o di metallo, o se altre ve ne sono che più saldamente stiano congiunte e renitenti alla divisione. Perché, se di uno effetto una sola è la cagione, sì come io ho inteso e creduto, o, se pur molte se n'assegnano, ad una sola si riducono, perché questa del vacuo, che sicuramente è, non basterà per tutte le resistenze?
      SALV. Io per ora non voglio entrare in questa contesa, se il vacuo senz'altro ritegno sia per sé solo bastante a tenere unite le parti disunibili de i corpi consistenti; ma vi dico bene che la ragione del vacuo, che milita e conclude nelle due piastre, non basta per sé sola al saldo collegamento delle parti di un solido cilindro di marmo o di metallo, le quali, violentate da forze gagliarde che dirittamente le tirino, finalmente si separano e si dividono. E quando io trovi modo di distinguer questa già conosciuta resistenza, dependente dal vacuo, da ogni altra, qualunque ella si fusse, che con lei concorresse in fortificar l'attaccamento, e che io vi faccia vedere come essa sola non sia a gran pezzo bastante per tale effetto, non concederete voi che sia necessario introdurne altra?


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Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
di Galielo Galilei
Utet
1980 pagine 293

   





Aristotele Sig