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      Imperò che, se alcun mobile cadente fusse abile, nella sua continuazion di moto, ad acquistar qualsivoglia grado di velocità, nissuna velocità che da motore esterno gli fusse conferita, potrebbe esser così grande, che egli la recusasse e se ne spogliasse mercé dell'impedimento del mezzo; e così una palla d'artiglieria che fusse scesa per aria, v. g., quattro braccia, ed avesse, per esempio, acquistato dieci gradi di velocità, e che con questi entrasse nell'acqua, quando l'impedimento dell'acqua non fusse potente a vietare alla palla un tale impeto, ella l'accrescerebbe, o almeno lo continuerebbe sino al fondo: il che non si vede seguire: anzi l'acqua, benché non fusse più che poche braccia profonda, l'impedisce e debilita in modo, che leggerissima percossa farà nel letto del fiume o del lago. È dunque manifesto, che quella velocità della quale l'acqua l'ha potuta spogliare in un brevissimo viaggio, non glie la lascerebbe già mai acquistare anco nella profondità di mille braccia. E perché permettergli 'l guadagnarsela in mille, per levargliela poi in quattro braccia? Ma che più? non si ved'egli, l'immenso impeto della palla, cacciata dall'istessa artiglieria, esser talmente rintuzzato dall'interposizione di pochissime braccia d'acqua, che senza veruna offesa della nave appena si conduce a percuoterla? L'aria ancora, benché cedentissima, pur reprime la velocità del mobile cadente, ancor che molto grave, come possiamo con simili esperienze comprendere: perché se dalla cima d'una torre molto alta tireremo un'archibusata in giù, questa farà minor botta in terra, che se scaricheremo l'archibuso, alto dal piano solamente quattro o sei braccia; segno evidente che l'impeto con che la palla uscì della canna, scaricata nella sommità della torre, andò diminuendosi nello scender per aria.


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Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
di Galielo Galilei
Utet
1980 pagine 293