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      Simplicio, che in questo punto voi, con molti altri, v'inganniate, se però ho ben compreso il vostro concetto, sì che voi vogliate dire che una corda lunga, v. g., quaranta braccia non possa sostenere tanto peso, quanto se fusse un braccio o due della medesima corda.
      SIMP. Cotesto ho voluto dire, e sin qui mi par proposizione assai probabile.
      SALV. Ma io l'ho per falsa, non che per improbabile; e credo di potervi assai agevolmente cavar d'errore. [v. figura 22] Però ponghiamo questa corda AB, fermata di sopra dal capo A, e dall'altro sia il peso C, dalla cui forza debba essa corda essere rotta: assegnatemi voi, Sig. Simplicio, il luogo particolare dove debba seguir la rottura.
      SIMP. Sia nel luogo D.
      SALV. Vi domando qual sia la cagione dello strapparsi in D.
      SIMP. È la causa di ciò, perché la corda in quella parte non era potente a reggere, v. g., cento libbre di peso, quanto è la parte DB con la pietra C.
      SALV. Adunque, tutta volta che tal corda nella parte D venisse violentata dalle medesime cento libbre di peso, ella li si strapperebbe.
      SIMP. Così credo.
      SALV. Ma ditemi ora: chi attaccasse il medesimo peso non al fine della corda B, ma vicino al punto D, come sarebbe in E, o vero legasse la corda non nella altezza A, ma più vicina e sopra al punto medesimo D, come sarebbe in F, ditemi, dico, se il punto D sentirebbe il medesimo peso delle cento libbre.
      SIMP. Sentirebbelo, accompagnando però il pezzo di corda EB con la pietra C.
      SALV. Se dunque la corda nel punto D vien tirata dalle medesime cento libbre di peso, si romperà, per la vostra concessione: e pure la FE è un piccol pezzo della lunga AB; come dunque volete più dire che la corda lunga sia più debole della corta?


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Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
di Galielo Galilei
Utet
1980 pagine 293

   





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