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      Fermata così la piramide, notisi qual parte ne sarà sommersa; e rivoltisi poi con la punta all'ingiù, e vedrassi che ella non fenderà l'acqua più che prima: anzi, se si noterà sino a qual segno si tufferà, ogni persona esperta in geometria potrà misurare che quelle parti, che restano fuori dell'acqua, tanto nell'una quanto nell'altra esperienza sono a capello eguali; onde manifestamente potrà raccorre, che la figura acuta, che pareva attissima al fendere e penetrar l'acqua, non la fende né penetra punto più che la larga e spaziosa. E chi volesse una più agevole esperienza, faccia della medesima materia due cilindri, uno lungo e sottile, e l'altro corto ma molto largo, e pongagli nell'acqua, non distesi, ma eretti e per punta: vedrà, se con diligenza misura le parti dell'uno e dell'altro, che in ciascheduno di loro la parte sommersa a quella che resta fuori dell'acqua mantiene esquisitamente la proporzion medesima, e che niente maggior parte si sommerge di quello lungo e sottile che dell'altro più spazioso e più largo, benché questo s'appoggi sopra una superficie d'acqua molto ampia, e quello sopra una piccolissima. Adunque, la diversità di figura non apporta agevolezza o difficultà nel fendere e penetrar la continuità dell'acqua, e, in conseguenza, non può esser cagione dell'andare o non andare al fondo. Scorgerassi parimente il nulla operar della varietà di figure nel venir dal fondo dell'acqua verso la superficie, col pigliar cera e mescolarla con assai limatura di piombo, sì che divenga notabilmente più grave dell'acqua; e fattone poi una palla, e postala nel fondo dell'acqua, se le attaccherà tanto di suvero o d'altra materia leggerissima, quanto basti appunto per sollevarla e tirarla verso la superficie; perché, mutando poi la medesima cera in una falda sottile o in qualunque altra figura, il medesimo suvero la solleverà nello stesso modo a capello.


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Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono
di Galileo Galilei
Utet
1980 pagine 105