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      Però quanto all'aria che circonda il globo terrestre, direi che, per la sua aderenza, non meno che l'acqua venga portata in giro, e massime quella parte che è contenuta da i vasi, i quali vasi sono le pianure circondate da i monti; e questa tal porzione possiamo noi molto più ragionevolmente affermare che sia portata in volta, rapita dall'asprezza della Terra, che la superiore, rapita dal moto celeste, come asserite voi Peripatetici.
      Si risponde all'instanza fatta contro alla vertigine del globo terrestre.
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
      L'acqua più atta a conservare un impeto concepito, che non è l'aria.
     
      Corpi leggieri più facili ad esser mossi che i gravi, ma son manco atti a conservare il moto.
     
     
     
     
      Più ragionevole è che l'aria sia rapita dalla superficie aspra della Terra, che dal moto celeste.
      Quanto sin qui ho detto mi pare assai competente risposta all'instanza del Sig. Simplicio; tuttavia voglio con nuova obbiezione e con nuova risposta, fondata sopra una mirabile esperienza, soprabbondantemente dar sodisfazione ad esso, e confermare al Sig. Sagredo la mobilità del globo terrestre. Ho detto, l'aria, ed in particolare quella parte di lei che non si eleva sopra la sommità delle più alte montagne, esser dall'asprezza della terrestre superficie portata in giro; dal che pare che in conseguenza ne venga, che quando la superficie della Terra non fusse ineguale, ma tersa e pulita, non resterebbe cagione per tirarsi in compagnia l'aria, o almeno per condurla con tanta uniformità. Ora, la superficie di questo nostro globo non è tutta scabrosa ed aspera, ma vi sono grandissime piazze ben lisce, cioè le superficie di mari amplissimi, le quali, sendo anco lontanissime da i gioghi de i monti che le circondino, non par che possano aver facultà di condur seco l'aria sopreminente; e non la conducendo, si dovrebbe in quei luoghi sentir quello che in conseguenza ne viene.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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