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      È vero che la natura è madre commune a ciascuno, anco alle bestie, nè si stanca giamai nelle sue opere, nè è scemata di virtù nel produr gli uomini e gli ingegni; tuttavia nelle diversità innumerabili delle sue famiglie par che si diletti (per quanto dalla esperienza si raccoglie) di primogeniture impermutabili, forse per ragion di ordine, che ha dependenza da un primo, che ha regola da un esemplare; e nella filosofica si è compiaciuta investirne Aristotile, distribuendo in minor porzione a gli altri le reliquie a suo beneplacito. Non perchè stimi (dico) la sua dottrina irrefragabile, o perchè abbi giurato nelle sue parole o che sia divenuto suo mancipio (imposture del Sig. Galileo a gli Aristotelici), ho preso il presente assunto, se bene ad essa dottrina io sia grandemente obligato per averne conseguito onore commodi ed elezzione alle più famose catedre filosofiche, che per rispetti maggiori (di servir immediate a quest'alma città di Venezia, a questa Idea delle cristiane republiche, a questa gran patria del mondo e Pritaneo inesausto di virtuosi) ho ragionevolmente rifiutate. Molto meno ho avuto per scopo l'oppressione di queste nove o rinovate posizioni, se non in quanto l'ho ritrovate lontane dal vero: anzi al primo loro apparire, io, stimatele venute dal cielo, non sonniate, ma viste, famelico di cibo celeste, me gli avventai per cibarne a sazietà la mente; ma pratticatele, l'ho trovate non visioni, ma illusioni, non verità indubitate del cielo, ma fantasie fallaci de gli uomini, di sì lieve ed inabil sostanza(348) all'intellettual nutrimento, che lasciano doppo pasto assai più fame che pria.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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