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      Non intendo però in conto alcuno, e me ne protesto avanti al cospetto di Dio e de gli uomini, di pregiudicar pur in un punto alla riputazione del Sig. Galileo, nè alla fama che grande ha acquistata nelle matematiche, nè all'altre sue inclite qualità personali; e se tal ora nel progresso di miei discorsi contro di lui apparirà segno o realtà di mordacità, o d'improvero (il che sarà più rare volte ch'io possa), ciò diviene dalla naturalezza della controversia, dall'officio di litigante, dal ributtar i colpi in modo che feriscano anco (se sia possibile) chi gli vibra. Non può esser duello (e pur è tale ogni disputa) se non da scherzo e ridicolo, ove non si trattan l'arme che senza taglio, ove mai si ferisca ma si minacci solo. E se egli, inimico fiero, implacabile, cerca non ferir solamente ed estinguer la dottrina di Aristotile, ma con punture acutissime e velenose di lingua atterrar la sua fama, e più quella di suoi seguaci; perchè ad altri, forse manco sproporzionato ad esso che egli ad Aristotile, a ragion di taglione, a giusta difesa, non sarà lecito far in parte l'istesso contro di lui? Io per tanto, come io, umilmente l'inchino; ma come ministro d'Aristotile (qual mi sia), con l'arme di Aristotile istesso, con i suoi naturali principii, che giudico sufficientissimi (come si vedrà nell'esito), non mancherò a quanto posso. Altri di più ricco talento suppliran forse a quanto intieramente si deve; nè perciò queste mie bassezze gli saranno pregiudiciali o affatto inutili, poichè dal tenebroso di esse spiccherà più chiara e più fiammeggiante la vivezza del loro sapere.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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