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      Ma prima che veniamo più oltre, per procedere distintamente e con ordine, deve avertirsi che nelle cose naturali corporee si ponno considerare due sorti di perfezzione: l'una si dirà di natura; l'altra, di mole o d'integrità: la prima consiste nell'eccellenza delle cagioni, de i principii, delle parti che chiamano essenziali, delle proprietà, effetti, accidenti e simili; l'altra, nell'aver quantità convenevole, che non ve ne manchi parte alcuna. Come nel primo modo si direbbe perfetto un uomo che avesse l'intelletto distinto, gli organi, le potenze, i sensi, ben disposti all'operazioni, e l'opre istesse aggiustate e degne di persona ragionevole, nel secondo modo egli sarebbe perfetto mentre fusse di compita statura, non gli mancasse alcun membro, non fusse nano, etc.; e secondo questa considerazione, niuna parte può chiamarsi assolutamente perfetta, essendo ordinata al suo tutto e, per conseguente, potenziale e manchevole, se bene, come parte, può aver la perfezzione dovutale. Or, mentre Aristotile in questo capo precitato vuol provar la perfezzione dell'universo, intende parlare solamente della sua integrità o mole, cioè che non sia parte, nè che gli manchi parte alcuna, ma sia tutto pienamente: dell'altra perfezzione tratterà in tutti quattro i libri del Cielo, ne ha trattato nell'ottavo della sua Fisica, ne i libri delle Meteore, della Generazione, e della Metafisica ancora, già che quanto in questi si tratta e quanto del cielo si discorre o gli si attribuisce, tutto appartiene a conoscer la perfezzione della sua natura.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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