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      8. Non so, quanto al quinto inconveniente che voi inducete, da quali principii caviate la consequenza contra di noi. Come, di grazia (secondo le nostre posizioni) le medesime stelle anderanno variando i suoi cerchii, se noi le poniamo fisse ed immutabili da i proprii siti, e che solo si aggirino col suo orbe? Che i cerchi di alcune, insieme con i moti loro, siano diversissimi da quei de gli altri, pur che si movano connesse o portate ne i proprii orbi, già vi è stato detto esser senza alcun inconveniente vero. E se quelle che due mila anni fa erano nell'equinozziale, ed a' tempi nostri (secondo che voi dite) se ne trovano lontane, per molti gradi, ciò adiviene (se pur sia vera l'ipotesi), che quel cielo ragirato col moto tardissimo di sette mila anni (supposto quando si statuisse per primo mobile l'altro suo primo moto naturale e semplice in 24 ore, come ho accennato di sopra) si fa sopra poli diversi; onde è necessario che in tanto tempo si varii sito delle parti celesti, non già della stella sola, quasi che per sè caminasse per il cielo: e perciò non seguita nè anco per imaginazione che finalmente si abbia da ridur vicino al polo del suo orbe, ma ne sarà egualmente sempre distante. Che se poi al moto di altro orbe superiore, al cui polo si approssimasse, descrivesse circolo minore, e poi più picciolo, conforme all'approssimazione che avesse a i poli di questo, niuno assurdo sarebbe; anzi di fatto ciò occorre, nel moto de' pianeti, i quali, di suo natural movimento correndo per il zodiaco ed essendo sempre in un medesimo modo da i poli de i proprii orbi lontani, per il ratto del primo mobile a i poli di esso or si accostano or si dilongano.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069