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      Segno di questo dite esser il tiro de gli imberciatori, conciosia che costoro, mentre prendono di mira con l'archibugio gli ucelli volanti, non prendono il punto o la mira distante da gli ucelli per aggiustarsi al volo di essi, ma che tirano a questi come se tirassero a quei che stanno fermi, seguitandoli con l'archibugio e mantenendogli sempre la mira adosso; il che avviene che nel moto commune participano uniformemente a capello tanto gli ucelli quanto gli imberciatori, il che non potrebbe essere se non avessero il moto eguale nell'aria con quello della Terra; onde il moto della palla, dell'ucello e dell'ucellatore, quanto al giro universale, è indifferente ed uno solo[46]. "E di qui (dite) dipende la propria risposta all'altro argomento del tirar coll'artiglieria al berzaglio posto verso mezo giorno o verso settentrione; dove s'instava che quando la Terra si movesse, riuscirebbono tutti costieri verso occidente, etc." Or qui io vi faccio le medesime instanze che ho fatte di sopra, e conseguenti a quelle ve ne aggiungo dell'altre. Vi dico dunque che, secondo questa posizione vostra, è assolutamente necessario che e gli ucelli predetti e le nuvole e le palle d'artiglieria (oltra il lor moto proprio col quale volano, sono portate da i venti o dalla lor levità, o sono tirate dalle bombarde) abbino il moto commune ed equabilissimo a quel della Terra, sì che al pari di essa nell'istesso giro siano raggirati: e ciò non può esser dalla Terra medesima, per esserne lontani; dunque dall'aria, che ha il moto istesso della Terra, e così appunto dite voi in più luoghi con varie frasi.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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