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      5. Ma che diremo, per il quinto notando, dell'impeto che vi trae a smaccar me tanto precipitoso, che vi fa prima dar di urto ad Aristotile? Voi scrivete che il volere osservare e distinguere le proporzioni di queste diverse velocità è cosa manchevole e di nessun momento, perchè la vista non basta a dividerle per la brevità del tempo. Ma Aristotile, Signor mio bello, è stato quello che, prima di me, con la vista, e non con altro mezzo, ha fatto tal compartimento; eccovi le sue parole: Videmus enim, idem pondus atque corpus velocius ferri propter duas causas(469): aut quia id differt per quod, ut per aquam aut terram aut aërem, aut quia id differt quod, fertur, si alia sint eadem, propter excessum gravitatis aut levitatis. E più a basso comincia pur dal(470) senso della vista: Videmus(471) enim, ea quae maiorem impetum habent aut gravitatis aut levitatis, si quo ad alia similiter se habeant figuris, citius ferri per aequale spatium, et secundum rationem quam habent magnitudines ad invicem. Non son dunque(472), in questo, più manchevole d'Aristotile: anzi pur ad esso solo riguarda la vostra saetta, che dice aver con la vista osservato, il compartimento della disugualità delle velocità seguire la proporzione delle gravità: chè io non ho avuto mai bisogno di fare, nè di dire che si faccia, cotali(473) compartimenti, e solo(474) ho detto che tali mobili passano il medesimo spazio nell'istesso tempo; esperienza, che non solo la vista, ma l'udito e il tatto ancora possono perfettamente conoscerla.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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