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      Come abbiamo proceduto nella cura del testo in casi speciali, e soprattutto quando uno stesso documento ci era offerto da fonti diverse, è detto nelle informazioni premesse a quelle lettere: qui basterà avvertire che ci siamo attenuti alle fonti, fossero manoscritte o stampate, autografi o copie, con fedeltà anche maggiore di quella usata nei volumi precedenti delle Opere. Invero (parlando più particolarmente delle lettere scritte in italiano) non solo abbiamo rispettato, massime quando avevamo gli autografi, i periodi viziosamente costruiti, non riducibili a nessuna certa sintassi, che in questa prosa epistolare sono frequenti e che da altri editori sono stati costretti, con arbitrarie e non lievi correzioni, a diventar regolari; non solo abbiamo conservato le forme idiomatiche, siano lessicali, siano morfologiche, adoprate da ciascun corrispondente, per quanto si discostassero dall'uso che suol considerarsi più corretto; ma anche riproducemmo dalle fonti, di volta in volta, la grafia, sebbene spesso non ortografica, limitandoci soltanto a sciogliere, in generale, le abbreviazioni(7), a distinguere gli u dai v e ad aggiungere i dopo c, g, gl, dove fosse necessario per indicarne il suono palatino, e mantenendoci libertà nell'uso delle iniziali maiuscole o minuscole, degli apostrofi e degli accenti, nella separazione delle parole, non che nell'interpunzione, la quale, per la maggior parte, è nostra. Potrà qualcuno rimproverarci le difformità che così vengono a conservarsi, e che non sempre saranno da attribuire all'essere diversi gli autori; ma trovandoci di fronte a fonti così disparate e a scrittori così differenti, ora fiorentini, ora d'altre città della Toscana, ora d'altre parti d'Italia, ora stranieri che scrivono più o men bene l'italiano, in qual modo potevamo noi creare un'uniformità, che sarebbe stata affatto artificiale?


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Le opere di Galileo Galilei
Volume X. Carteggio 1574-1610
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 710

   





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