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      Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. VII, car. 118. - Autografa.
     
      Molt'Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Oss.mo
     
      Finalmente ho ricevuto le sue, tanto desiate da me, Osservacioni celesti, quali, già alcuni giorni sono, lei mi havea inviate: et veramente che la minima parte dell'opra ha superato la mia espettatione. Sono cose (quando però così V. S. Ecc.ma l'habbi viste) da farci prima ben bene meravigliare, et poi rispondere; o, per dir meglio, dovemo solo star attendendo i detti suoi. Non mancano però di quelli che, per immortalarsi, vogliono anco accender il foco nel tempio di Diana; così di quelli che vorrebbero sottraherli un poco di gloria per sè stessi. Io li vado rispondendo, non per por la lingua tant'alto, ma per ripparar il foglio dalle loro morsicature: dissi il foglio, non lei, perchè di questo non ha bisogno. Li pare però che sii stata un poca d'inavertenza il sommar il corpo cubo, cioè sodo, della luna per 27000, in vece di 13500. Li ho detto che l'error nella somma non fa però errore nella demonstratione, et che quella è più tosto prattica di perticatori. Dicono che l'occhiale è caggione di quelle apparenze nella luna et di quelle stelle et pianeti non più veduti: prima, con qualche punto o inaequalità del vetro; poi, che vedendosi alcun grosso vapore da vista affatticata per mezo di lucido vetro, può facilmente apparer corpo lucido. Io gli ho detto che di questo non parlino se prima non ne fano la prova. Et io queste cose li scrivo, non che meritino essere scritte, ma per dirle con che osservanza ammiro le cose sue.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume X. Carteggio 1574-1610
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 710

   





Osservacioni Diana