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      L'altro è, che io veggo la sua equazione sempre semplice, pigliandola (come io credo) nell'arco della via di Iove, et non havendo riguardo a moti aequali o apparenti; donde io stimo che lei non abbia riguardo alle linee del moto aequale o del vero, che sono dagl'astronomi notate nelle loro theorice dei pianeti: et però, per confessar l'ignoranza mia, non posso pervenire alla cognitione delle sue dotte demonstrazione, se lei, di benignità maggiore, non piglia questa faticha, di insegnar un ignorante più distintamente et facilmente. La giudichi che per questa volta la guadagnerà l'opere di misericordia, insegnando colui al quale ella s'è degnato participar tanti favori, aggiungendo cortesie et favori a tanti da lei già comunicatimi; d'onde lei potrà vedere quanta brigha la sia per ricevere da me, prosontuoso et ignorante. La scusi la mia ignoranza per la molta sua cortesia et benignità.
      Non occorre che V. S. Ecc.ma entri meco in escuse per cagione di Martino(206), perchè, essendo padrona, non è necessario dia conto ad un servitore, come io li sono, delle sue azzioni, massimo in tal conto: però V. S. mi fa vergognare, entrando in tali cerimonie meco. In quanto al tener secreto quel che V. S. Ecc.ma conferisce meco, s'assicuri che altri che il P.re Don Horazio(207) non sarà partecipe di questo negozio; nè anco una minima parola uscirà della bocca, poichè così V. S. Ecc.ma comanda: et in questo caso mi stimo felice, perchè V. S. potrà riconoscere da questo mio silenzio quanto io le sia affezzionato, perchè in cosa di tanta mia necessità, che dimostrar al mondo che opinione habbia lei circa questa nuova invenzione, da me non sarà dichiarata.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





Iove Martino Don Horazio