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      E prima, che possino quei Signori dubitare che nell'occhiale sia inganno, parmi veramente mirabil cosa: perchč so che non mi negheranno che il ritrovare le decettioni e fallacie di uno strumento o altro artificio appartiene et č facoltą propria di chi sia intendente in quella arte dalla quale tale strumento depende, et in oltre(279) che del medesimo strumento habbia fatte molte esperienze; hora, sapendosi che et la fabrica et la teorica di questo occhiale depende dalla cognizione delle refrazioni, che č parte delle scienze matematiche, mia particolare professione, nč si potendo dubitare che io, per lo spazio hor mai di 2 anni, habbia del mio strumento, anzi pur di decine(280) di miei strumenti, fatte centinara di migliara di esperienze in mille e mille oggetti, et vicini e lontani, e grandi e piccoli, e lucidi et oscuri(281), non so vedere come ad alcuno possa cadere in pensiero che io troppo semplicemente sia rimasto nelle mie osservazioni ingannato, e che tra la perspicacitą dell'ingegno di un altro e la stupiditą del mio possa cader tanta discrepanza, che quelli, senza pur mai haver veduto il mio strumento, habbia in lui scoperte quelle fallacie, delle quali io, che cento mila esperienze ne ho fatte, accorto non mi sia, anzi non pure io solo, ma niuno di quelli molti che insieme meco l'hanno(282) adoprato. Ciņ sarebbe un presuppor tanto di sč stesso, e sģ poco del compagno, che non credo che simil concetto caschi in mente di persona ragionevole.
      Forse potrebbe dire alcuno, che io, accortomi pur troppo dell'inganno del mio strumento, non inganni me, ma mi prenda gusto di ingannare gl'altri.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834