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      Concederò bene, senza difficultà veruna, che molte cuspidi illuminate, et vicinissime al termine della luce, apparischino ad esso congiunte, ben che per avventura siano veramente talvolta da quello separate per qualche angusta interpositione di tenebre; et così, che alcune piccolissime vallette oscure non si scorghino, mediante il congiugnimento delle irradiationi de gli argini illuminati, da i quali vengono circondate: ma le cuspidi e denti della circonferenza, che, sendo impiantati e congiunti col cerchio lucido, pochissimo sporgono sopra il campo tenebroso del cielo, restano necessariamente ingombrati dalla irradiatione, la quale inghirlanda tutto l'ambito lunare; et se una tale irradiazione è potente a nasconderci la immensa cavità di Venere, quando è cornicolata, et che noi la rimiriamo con la vista naturale mostrandocela similissima alle altre stelle, ben si può senza un minimo scrupolo ammettere et senza alcuna ombra affermare, che i piccolissimi cavi e colmi dell'immensa circonferenza lunare siano talmente dalle loro scambievoli irradiationi ingombrati, che del tutto si perdino, veduti ancora col telescopio. Et per non lasciare luogo alcuno di dubitare, questo che assai necessariamente mi pare di haver dimostrato, voglio che anco l'esperienza stessa lo faccia manifesto a chi haverà gusto di vederlo.
      [vedi figura 576g.gif] Prendasi una piastra di ferro assai sottile, et in essa s'intaglino due fessure, simili a queste due segnate appresso, una delle quali sia contenuta tra due linee che egualmente siano distese, et l'altra sia tra linee tortuose et aspre; costituiscasi poi la detta piastra in luogo tenebroso, et doppo di lei si ponga una fiamma, grande a bastanza per allargarsi quanto è lo spatio delle due fessure, et celisi poi intorno intorno a lo splendore della detta fiamma, sì che non si vegga altra luce che quella che trapassa per le fessure.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





Venere Prendasi