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      Mando a V. S. Ecc.ma le incluse osservazioni(838), designate alla meglio che ed io ho saputo e 'l mio occhiale me l'ha mostrate: credo però che i centri delle macchie siino alli suoi lochi, massime che avendo descritti separatamente e' diametri de' cerchi che descrivono, se si movono sopra il corpo solare, e partiti i semicerchi in quindeci parti, le mutazioni loro in 24 hore corrispondono alli eccessi successivi de' sini versi di detti archi; di modo tale che non vi trovo errore che o non si possa attribuire all'imperfettione del mio osservare o a qualche diffetto della supposizione della velocità de' moti; anzi have più tosto dell'insensibile che altrimente.
      Mosso poi da sì bella occasione di filosofare, dico prima, che se mi fosse lecito filosofare del corpo lucido solare dai corpi luminosi nostri, direi che non solo è necessario che queste macchie siino nel corpo solare, ma che io non posso pensare altrimente. Per dichiararmi meglio, piglio il lume che si fa dalla carta bianca accesa dal fuoco: chiaro è che a quella lucidezza precede una negrezza o dirò oscurezza del pabulo di quella luce, quale, a puoco a puoco passando per l'azurro e puoi al rosso, finalmente diventa luce; e questo accidente è comunissimo a tutti que' corpi che spandono per sè stessi luce. Se donque dal sole si spande luce, non è meraviglia se si fa il passaggio dal nero et oscuro, et apparischino quelle macchie. Aggiongo (e conforme alle mie suppositioni della luce), che non essendo altro corpo lucido, che un corpo che vibra di continuo e scaglia corpuscoli velocissimi, ed essendo il sole lucido, e conseguentemente saettando di continuo corpuscoli velocissimamente, e non potendo e' corpi principiare a partirsi con somma velocità, non mi faranno al sicuro quella apparenza che io chiamo luce, mentre con tardità si movono: saranno donque le macchie di necessità nel sole, che è quello che noi vediamo.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834