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      Vede dunque l'occhio solamente il lungo e 'l largo, ma non già il profondo, cioè la grossezza non mai. Non essendo dunque la profondità esposta alla vista, non potremo d'una statua comprender altro che la lunghezza e la larghezza; donde è manifesto che noi non ne vegghiamo se non la superficie, la qual altro non è che larghezza e lunghezza, senza profondità. Conosciamo dunque la profondità, non come oggetto della vista per sè et assolutamente, ma per accidente e rispetto al chiaro et allo scuro. E tutto questo è nella pittura non meno che nella scultura, dico il chiaro, lo scuro, la lunghezza e la larghezza: ma alla scultura il chiaro e lo scuro lo dà da per sè la natura, ed alla pittura lo dà l'arte: adunque anche per questa ragione si rende più ammirabile un'eccellente pittura di una eccellente scultura.
      A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno dipinti che scolpiti, perchè ella gli scolpe e gli colora, ma che questo è a loro imperfezione, e cosa che scema grandissimamente il pregio alla scultura: perciocchè quanto più i mezzi, co' quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è maravigliosa. Era anticamente molto più stimata quella sorta d'istrioni che co' movimenti soli e co' cenni sapevano recitare una intera storia o favola, che quelli che con la viva voce l'esprimevano in tragedia o in commedia, per usar quelli un mezzo diversissimo et un modo di rappresentare in tutto differente dalle azioni rappresentate.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834