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      Per pesar l'aria, io piglio un fiasco di vetro AB, grande come la testa d'un huomo incirca, il quale nel collo habbia la strozzatura B, per potervi legar fermamente un ditale di cuoio CD; il qual ditale nel mezo habbia un'animella da pallone ben fermata, per la quale con uno schizzatoio caccio molt'aria nel fiasco AB, havendolo prima pesato in una bilancia esatta; e dopo havervi compressa molt'aria per forza, la quale in virtù dell'animella resta carcerata, torno a pesare il fiasco e trovolo notabilmente più grave: e però salvo appartatamente il peso che bisogna aggiunger di più, il quale vien a esser il peso dell'aria straniera. E per assicurarmi che non ne vada traspirando punta, metto innanzi nel fiasco un poco d'acqua, e tenendolo sempre con la bocca in giù m'assicuro che l'aria non può uscire, perchè prima caccerebbe l'acqua et io la vedrei gocciolare. Resta hora che io misuri l'aria estranea. Però piglio un altro simil fiasco EFG, col collo strozzato in F e con un piccol foro in G, e con la bocca che termina sottile, come si vede in E, dove è il foro assai stretto. Questo lo lego nella parte inferiore del ditale, cioè verso D, sì che la punta E risponda incontro al foro dell'animella; e dopo haverlo saldamente legato, spingo la punta E contro al coperchietto che serra l'animella; et apertolo, l'aria compressa del vaso AB fa impeto e caccia fuora l'acqua dell'altro vaso per il foro G, e séguita di cacciarne tanta, quanta è la mole dell'aria che esce dal vaso AB: e questa è tutta quella che v'era compressa oltre alla costituzione naturale.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XII. Carteggio 1614-1619
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 687