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      Et la ragion credo io esser quella che unum contrarium non possit esse nisi uni contrarium, nec pluribus; al che conséguita di necessità che un contrario, ritrovando in un stato inaequale temperation simili a sè, queste le acresce tanto, che non si può poi moderare o vincere.
      Sarei più longo se non havessi chi m'ascolta di tanta ecelentia d'ingegno, che ha penetrato fin li cieli, non che la voce d'un huomo vicino. Nè si mi opponga che si vanno frenando la virtù de' medicamenti et si fanno temperati; perchè risponderò due cose, una commune, et l'altra propria a lei. La prima è che questi freni exuunt medicamenta viribus, onde gli huomini, se mi perdoni, vanni intenti fanno, et sconcertano la cucina, cioè il ventre, nel qual si fa la prima concoctione. So che se mi potriano adur pensieri di sudori. A ciò assai giocosamente potrei dire, che chi gioca alla pala, corre et fa simili esercitii, suda. Ma forsi V. S. con ragione mi interrogherà: Dunque devo viver eternamente infermo? No, Signor mio; ma bene che ricoriate all'ombra d'Hipocrate, il quale, con la sua solita gravità, si lasciò un modo sicurissimo di viver sani et portar la nostra vita al fin della natura. Questo divino et grand'huomo a questi bisogni lasciò questa sacra àncora, dicendo: Carnes habentibus famem adhibere oportet, quoniam fames exiccat corpora; et io credo necessariamente che s'intenda che voglia che l'usino cibi temperatissimi, li quali siano alla natura humana convenevoli, et arostiti, non lessi. La ragione è quella che insegna più chiaramente Aristotile, che assa humidiora sint quam elixa; atamen exiccant, et in pauciori mole, quam elixa faciant, nutriunt magis.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XII. Carteggio 1614-1619
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 687

   





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