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      Non potrei esprimer con parole quanto la cortesissima risposta di V. S. mi sia stata grata, poichè non solo si è degnata ricevermi nel numero de' suoi servitori, ma anco mi ha dato occasione che io arditamente gli possa scrivere altre volte; se ben non vorrei che le mie lettere, continenti cose che poco vagliono, gli apportassero tanto più noia trovandola indisposta, come mi avvisa esser accaduto nello ricevere l'altra mia, perchè io non intendo apportargli incommodo, anzi mi farà gratia differire la risposta et anco tacere in tali occasioni.
      In quanto poi al nostro proposito delle macchie solari, sappi pure V. S. ch'io tengo da lei et accetto per buone et belle le sue dotte ragioni et dimostrationi: nè creda ch'io sia di quelli che iurarunt in verba magistri; anzi (come V. S. dice) faccio più conto d'una ragione et vera demostratione che di tutti gl'huomini del mondo, dalle cose di fede in poi, nelle quali le demostrationi non s'ammettono. Ma quello ch'io procuro è di chiudere la bocca ad alcuni saputi, li quali, senza intendere che cosa sia cielo, vogliono riputare per impossibili le cose facili. In due cose principali desidero hora esser sodisfatto da V. S. La prima è, che li nostri avversarii insistono nel fondamento principale di questa nuova dottrina, con dire che essendo il cielo da noi tanto lontano, non è possibile per l'indebita distanza poter fare che un vetro, il quale a pena per trenta miglia con l'approssimatione dell'oggetto fa parerlo come è a gl'occhi nostri, possa anco scoprir nel cielo, tanti milioni di miglia distante, le cose come veramente là su si trovano; anzi sì come la semplice nostra vista s'inganna nel guardare al mare, il quale ci appare turchino, benchè non sia, et questo anco così apparisce con l'occhiale, così può molto più ingannarsi in oggetto senza comparatione più lontano del mare.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XII. Carteggio 1614-1619
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 687