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      La rengrazio altresì del foglio che mancava al suo Saggiatore, atteso che con questa emendatione più correntemente l'huomo lo scorre, aspettando la sua opera(425), che ha alle mani, la sia ridutta a perfettione.
      Il Sig. Gio. Batta Baliani è, dal principio di Luglio in qua, entrato senatore, e per due anni che dura questo onorato carico si può goder poco; et l'anno adrieto(426) era stato governatore di Sarzana, ove lo viddi nel viaggio che di Novembre feci a Roma, facendo quella strada. Qua l'ho visitato di raro, per la sudetta caosa.
      Se V. S. comanda qualcosa, la servirò con tutto l'animo. Attendi a conservarsi, e le b. le mani.
     
      Genova, a' 6 Settembre 1624.
      Di V. S. molto Ill.re et Ecc.maServo Oblig.mo nel S.re
      D. Antonio Santini, C. R. di Somasca.
     
      Fuori: Al molto Ill.re et Ecc.mo S.r mio Oss.moIl S.r Galileo Galilei.
      Firenze.
     
     
     
      1663.
     
      MARIO GUIDUCCI a [GALILEO in Firenze].
      Roma, 13 settembre 1624.
     
      Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. X, car. 173-174. - Autografa.
     
      Molto Ill.re et Ecc.mo S.r mio Oss.mo
     
      Scrissi a V. S. la settimana passata(427), e le diedi conto delle visite fattemi dal P. Grassi; doppo mi trovo la gratissima di V. S. de' 2 del presente, nella quale mi domanda avviso di detti congressi. De' quali rimettendomi all'altra mia, le soggiungo che ieri, essendo io stato invitato da un Padre mio amico, maestro di Rettorica, a sentire una sua orazione, et essendovi andato, subito il Sarsi venne alla volta mia, nè mi lasciò sino a che mi partii del Collegio. I nostri ragionamenti furon tutti sopra una proposizione di V. S., la quale egli diceva essergli stata detta da un Padre Andrea(428), Greco, persona principalissima nella sua religione, il quale diceva di averla già sentita da V. S. in Padova: cioè che un corpo lasciato cadere perpendicolarmente da una gaggia di nave, cadeva rasente e a piè dell'albero, tanto se si movesse come se stesse ferma la nave; la qual cosa affermando io esser verissima e confermata con molte esperienze, egli stette molto renitente a crederla, con dire che, anche dato e non concesso che l'esperienza riuscisse, ciò poteva derivar dall'aria, che è mossa dal vascello: e allegandogli io altre esperienze, come dire che si mettesse a correre velocemente per qualche luogo acclive, tenendo in una mano, lontana dalla persona, una palla di piombo (acciò l'aria vi avesse manco occasione e pretensione sopra), e nella velocità del moto lasciasse cadere quella palla, che vedrebbe seguitarsi per qualche spazio, non ostante l'erta, da quella palla, segno manifestissimo che ella non casca perpendicolarmente, ma con impulso di progressione, mi disse che pure si poteva attribuire all'aria, mossa dal suo corpo.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIII. Carteggio 1620-1628
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 592

   





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