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      In questo muoversi viene uno svenimento repentino, che lo precipita in terra con una percossa della testa tanto grande, che il rumor solo fece stimarlo per morto a chiunque era in chiesa. Venne subito soccorso e conforto, e alcuni gentilhuomini lo messero in seggiola e l'accompagnorno a casa, dove a punto io intendevo da colei la nuova dell'esser uscito del letto e di casa, e parte mi rallegravo, parte mi scandalizavo e andavo in collera; quand'i' me lo veggo portar avanti sudato, agghiacciato, privo d'ogni forza e, si può dir, affatto d'intendimento, e in somma in grado tale ch'io dubitavo che m'havessi a spirar tra le braccia innanzi ch'io finissi di spogliarlo. La camicia era molle fradicia, seguitava pur nel letto medesimo a sudare, non poteva quasi formar parola, non si trovava cosa che gli ravvivassi gli spiriti. Giudichi V. S. che travaglio e che tormento era il mio, nel vedermi tolta ogni speranza di non l'haver a perdere. Quivi sicuramente non appariva vita per du' hore. Ma in fatti e' si trova adesso vivo, e in tale stato di salute che si può chiamar franco. Nella testa non ci hebbe rottura, chè la sua minor disgratia volse che nel cadere dessi prima delle natiche in terra, e poi della memoria; che se il colpo veniva a tutto piombo, il poveretto restava quivi per sempre. Il dolore che ci haveva è passato: la febbre ancora non malignò, ma in capo a non molti giorni si messe in declinatione, e di presente non ce n'è più residuo. Non ci è rimasto cattivo segno nessuno, e non mi tiene con un po' di timore se non il saper da' medici che le percosse della testa fanno delle stravaganze grandissime, sì che si sien trovate persone star bene venti, 30 e 40 giorni doppo il colpo, e poi morirsene presto presto; ma veramente questo non crederei mai che fusse per essere un caso simile.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604