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      Me ne sto con l'animo assai quieto, e mi par proprio d'esser risuscitato anch'io, perchè mi toccava a riparar per tutto, esser sempre in mille sorte di brighe, alienissime dal mio genio. M'è bisognato fare in sin da legista, e affaticarmi per cento versi intorno al testamento ch'egli ha volsuto finire; e poi la compassione e il sollevamento dell'animo continuo, e quel conoscermi astretto, nel suo partirsi da noi, a mettermi a far da babbo d'una gran famiglia, quand'i' ho bisogno di star ancor ne' pupilli, mi teneva in perpetuo tormento e batticuore. Hora ch'i' me ne trovo libero, non mi basta il rallegrarmene meco medesimo: vo dicendo questo miracolo d'un anno pestilente a chiunque i' conosco, e con tutti mi rallegro del buono e inaspettato fine de' miei travagli. Per questo medesimo effetto l'ho conferito ancor a V. S., confidando nell'affetion particolare, di che ella mi tiene honorato et obligato tanto, che simil nuova non possa recarle se non qualche gusto. Rimarrò appresso, nel medesimo tempo, giustamente scusato, se il mio silentio di tanti giorni non le fusse piaciuto, e mi chiamasse tardo in pagare il debito dovutele di venire a farle ossequio e riverenza. Credo ben più tosto che ciò non mi sarebbe ascritto da lei a mancamento, ma più presto a buon fine di non costrigner la sua infinita gentilezza a incommodarsi per rispondermi, sì che ella si chiamasse appagata e più contenta del mio tacere che delle mie lettere: e per questa cagione potrei adesso venir dissuaso dallo scriver la presente; ma c'è in me un desiderio così eccessivo d'haver nuova da lei, prima della sua sanità e poi del negotio di quell'opera divina, che mi è forza l'essere importuno e il non guardare a interrompere i suoi nobili pensieri, ma a pregarla di quattro versi di risposta e contentar me ed alcuni amici, che pur badano a chiedermi avviso di quel che si tratti in coteste parti.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604