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      La sustanza è, che io tengo fermo che l'acqua sempre conservi la medesima velocità acquistata naturalmente pe 'l suo declive, mentre non intoppi altro impedimento che la tortuosità del canale. Mi son servito, com'ella vedrà, d'alcune sue dimostrazioni del moto, e particolarmente che i mobili cadenti dallo stesso principio acquistino la velocità secondo la proporzion dell'altezze delle lor cadute, tenendo supposto per vero e indubitato, come ho pure imparato da lei, che il moto per l'orizzonte non cresca nè scemi velocità al mobile: il che applicandolo al corso dell'acqua, parmi che l'andar torto o diritto non sia altro che muoversi o non muoversi orizzontalmente; il che, per le dimostrazioni di V. S., non può mai alterare la velocità impressa a un mobile. Il S.r Andrea dice che l'applicazione non torna; ma a me pare ch'e' non la 'ntenda.
      Oltre a questo e altre riprove d'esperienze e argomenti, m'è paruto esser vero che se le sole svolte ritardassero, pure in minima parte, la velocità dell'acque, tal ritardamento dovesse arrivare fino al fermar del tutto il corso de' fiumi, e che ogn'acqua, per mediocre ch'ella si fosse, dovesse a dette svolte cagionare il trabocco; e cavo tale assunto da una proposizione ch'io ho per verissima, la quale è che mentre che un mobile, constituito in qual si voglia velocità, abbia congiunta una resistenza che l'accompagni sempre, sia minima quanto si vuol quella resistenza, in progresso di tempo ridurrà tal mobile alla quiete o a tardità infinita. Exempli grazia: spignendosi un mobile al centro per un piano elevato dall'orizzonte, per aver seco congiunto la naturale inclinazione del moto al contrario verso 'l centro, la quale verrebbe a detrarli continuamente dell'impressa velocità, tal mobile alzatosi a un determinato termine, giusto la proporzione del suo impulso, non s'alzerà più oltre.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604

   





Andrea