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      Mi dolgo bene di non haver sorte di potergli vivere appresso, chè questa mia ardente sete delle cose di V. S. si satierebbe, almeno in gran parte, se non in tutto per la mia insufficienza. Egl'è vero ch'ella qua in Roma m'è stata amorevolissima de' suoi segreti; ma però di molti e molti de' più reconditi io n'ho solo havuto il saggio, qual mi fa sempre crescer la sete maggiormente. Dio sa quanto gran timore io ho di morirmi con questa voglia; e questo, non perchè io non gli desideri e speri da Dio lunga vita, ma per la mia poca fortuna e non molta sanità di corpo. Pur io ringrazio sempre Nostro Signore, che permette in me questa cupidigia, per non dir avaritia, di tante belle demostrationi, senza peccato. Vorrei più dire, ma dubito non esser o tedioso o molesto: dirò solo, che se l'avarizia d'oro e d'argento in altrui è sì intensa come questa sete ch'io ho di tutte l'invenzioni e demostrationi di V. S., non posso non gl'haver compassione, etiam che l'oggetto desiderato da loro non sia proportionato all'anima ragionevole, con la quale sola si differisce da gl'altri animali. Ma che fo io? col tacere(730) non s'intende il mio senso, e col parlare io non mi so bene dichiarare. Quel che io vo' dire è questo: che V. S. metta insieme le cose sue, certissima ch'il tempo scoprirà i suoi meriti; et io gli sono e sarò sempre servitore, seben del tutto inutile, mentre non son fatto mai degno de' suoi comandi.
      Non ho veduto, già sono più giorni, il Sig.r Nardi(731), ma però intendo che sta bene.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XV. Carteggio 1633
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 485

   





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