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      Che ben diede di sè non bassi esempi,
     
      come dice quel sonetto del Petrarcha ch'ella mi fece apprendere quando mi condusse a Firenze: dove se mai fui desideroso far ritorno, hora l'ambirei in sommo per venire a servirla et aiutarla a spassare l'acerbo cordoglio, se non me lo vietasse quella scusa evangelica Uxorem duxi. Et se bene il corso di 12 mesi pare che possa haverle in parte alleviato il duolo, con tutto ciò si rende a me presentaneo, come penso a lei sia presentissimo et materia di vivere afflittissima: che però vengo a passar questo piccol officio di condoglienza seco, benchè per altro non la tediarei per hora con questa. Sig.r Galileo mio caro, che si vuol fare? V. S. sa la legge di natura, che nascimur omnes morituri, e
     
      Come nulla qua giù diletta e dura:
     
      però compensarà saviamente la perdita momentanea fatta qua giù, con l'acquisto perenne che n'ha fatto nel Cielo, dove per salire non ha havuto bisogno d'altra scala che della sua gentilitia e delle proprie virtù, giungendo a quell'ultima meta di noi miseri viventi, là dove piaccia al Signore di condurci e farci rivedere e goder tutti insieme per tutti i secoli.
      Quanto poi al favore con S. Alt.a(917), prego V. S., nel ritorno a Firenze, farne qualche tentativo, e trovandovi qualche difficoltà, farmi gratia di scrivere una lettera di destrezza, con negativa honestata, acciò possa almeno far restar appagato l'amico della buona volontà sua e mia. Del che la supplico a non mi mancare.
      Qui noi tutti stiamo bene, et il pupo che nacque essendo lei qua, chiamato Antonino, ha scampato l'influsso de' morviglioni, che ne muoiono infiniti, essendo lui rimasto senza segni, et una bellissima creatura, con una lingua poi che vince l'età. Io qui, scrivendo, sto con gran pena d'un horrendo cicolino su la spalla destra, che mi tien sequestrato in casa, senza potermi metter giubbone nè uscire, et in particolare dimani, che si fa la solenne processione del Carmine in Trastevere, dove sarei andato facilmente a desinare dal P. D. Benedetto Castelli a S. Calisto, qual è gran tempo non ho veduto e mi mandò pur hieri ad invitare; che però perderò gran consolatione, ma non eguale a quella che sento in questo punto che scrivo a V. S., quale mi pare propriamente di sentire e vedere.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVI. Carteggio 1634-1636
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 744

   





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