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      Vero è che l'angolo IBE sarebbe esso ancora diviso dal lato d'un poligono maggiore, tuttavolta che fosse di più lati et in conseguenza dissimile. Di qui mi par che si possa ritrarre, ch'essendo i cerchii tutti, poligoni simili di lati infiniti, applicandogli alla retta AE nel comune toccamento B, venga ben lo spazio tra la tangente e l'arco BIOS diviso dall'arco FDCB, ma non già l'angolo B, essendo comune d'amendue i poligoni: e l'essere i cerchii tutti, poligoni di lati infiniti toglie il potersi dire, il cerchio maggiore esser poligono di più lati che il minore e perciò atto a dividergli il suo angolo, perchè sì come non si può intendere, poligono alcuno potersi inscrivere in un cerchio, benchè immenso, di lati innumerabili, che uno di altretanti (e però simile) non si possa inscrivere in qualsivoglia altro, ben che picciolissimo, così non si può dire che l'angolo del contatto non sia uno e comune ad amendue i cerchii: e se tale angolo non è divisibile, non è quanto; e se non è quanto, non è vero angolo, ma equivocamente così detto.
      Considerisi appresso, che sì come multiplicandosi più e sempre più il numero de i lati del poligono, l'angolo IBE sempre si fa più acuto, par che per necessaria conseguenza ne segua che dove i lati siano infiniti, tal angolo sia infinitamente acuto, cioè non quanto e non angolo.
      Nel considerar poi le conclusioni che V. S. arreca alle ragioni del Vieta(1020), mi par ch'ella talvolta prenda per noto quello ch'è in quistione: e dico mi pare, perchè tengo per fermo d'ingannarmi, ma per me stesso non so disingannarmi; però liberamente ricorro a lei.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVI. Carteggio 1634-1636
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 744

   





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