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      Se così è, non ha più luogo la quistione.
      [vedi figura 3215.gif] Alla seconda ragione di V. S., dove dice che, stando ferma la DE, si noi consideremo la segante AB girarsi sopra 'l punto del segamento C, gli angoli vengono sempre ad inacutirsi, che finalmente la lor quantità si annichili e del tutto svanisca, il che accaderà quando essa retta AB si congiungerà con la DE; hora, applicando l'istesso discorso all'arco ACB, segato dalla retta convertibile GF nel punto C, si viene ad annichilar l'angolo quando la linea GF non sega più la curva ACB, il che avviene quando ella si unisce con la tangente DE; questo pensiero fu anco del Peletario(1110). Dico che 'l caso è diverso: atteso, quando la AB si unisce con la DE, svanisce l'angolo perchè di due linee si ne fa una e cessa l'inclinazione; ma quando la GF si unisce con la tangente DE, si annichilano gli angoli del segamento che fa la GF con la curva ACB, ma non si annichilano quelli del toccamento, che di nuovo si formano dopo ch'essa GF è convertita nella tangente DE.
      Rifiuta poi V. S. quel discorso che vien fatto per confermar che l'angolo della contingenza non solamente sia quanto, ma talmente quanto che sia divisibile in infinito, mentre si descrivono cerchii maggiori e maggiori che passino per il medesimo toccamento; dicendo, non l'angolo, il quale non ha quantità, ma ben lo spazio tra la circonferenza del minor cerchio e la retta tangente vien diviso e suddiviso dalle maggiori e maggiori circonferenze. Dico che, si ben è vero che lo spazio tra 'l cerchio minore e la tangente venghi diviso e suddiviso dalle maggiori e maggiori circonferenze, stimo che dette circonferenze, mentre passano per il punto del toccamento, dividano anco e suddividano l'angolo della contingenza.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVI. Carteggio 1634-1636
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 744

   





Peletario