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      Ma se potesse entrarvi altra materia, l'acqua non salirebbe a riempiere lo spazio lasciato dall'aria condensata; e se fosse totalmente proibito l'ingresso nella caraffella ad ogni altro corpo esterno, in tal caso o rimarrebbe l'aria in A rarefatta, overo si spezzerebbe la caraffella. E forsi (siami lecito per digressione aggiugnere) da questo accidente si può risolvere il quesito, per qual cagione i vetri, et anche altri corpi, alle volte da sè stessi si spezzano, overo con immergerli nell'acqua notabilmente fredda o notabilmente calda; la qual cosa direi che potesse avvenire, perchè ritrovandosi sparse per la sostanza del vetro molte bollicelle ripiene d'aria, quando quel vetro viene immerso nell'acqua fredda, allora l'aria rinchiusa dentro a quelle bollicelle ai ristrigne e condensa, e non potendovi entrare nessun altro corpo, è forzata quella bollicella a crepare, et è cagione poi che tutto il vaso si spezzi; e parimente coll'immergere il vetro nell'acqua notabilmente calda, allora l'aria rinchiusa nelle bollicelle suddette si dilata rarefacendosi, e facendo forza finalmente le apre, et in consequenza il vetro si spezza. E notisi che questo effetto, considerato da noi mentre il vaso vien collocato o nell'acqua calda o nella fredda, seguirà ancora quando segua una subitanea mutazione dell'aria circonfusa al vaso, trapassando da una costituzione di aria calda ad una fredda, o vero da una fredda ad una calda. Sarebbe questa occasione di discorrere di quella operazione che fanno gli artefici che lavorano i vasi di vetro alla fornace, quando, dopo finito di lavorare un vaso, non lo ripongono subito all'aria fredda, ma prima lo fanno stare per qualche poco di tempo sopra la fornace, in luogo parimente caldo assai, e dicono che in questo modo il vetro si tempera nè così facilmente si rompe; e forse non sarebbe fuori del caso trattare delle tempere del ferro e dell'acciaio: ma per esser materia assai difficile e sottile, e forse la digressione sarebbe troppo lunga, pertanto, ritornando al proposito nostro, dico che quando non potesse rientrare facilmente corpo nessuno in quelle intestina uscite dal ventre dell'animal ferito, seguirebbe senza dubbio nessuno lo sgonfiamento e non il rigonfiamento di esse; ma perchè tutte le budella dello stesso animale comunicano senza dubbio una coll'altra e con esse gli altri meati di altri vasi del vivente, come mostrano chiaramente gli anatomisti, e questa tale comunicanza va continuando fino alla respirazione dell'animale, però venendo l'aria, rinchiusa nell'intestina uscite del ventre, raffreddata, di necessità vien condensata; e perchè nell'altre intestina e vasi dell'animale si trovano molti flati, i quali sono facilissimi ad esser mossi e forse cercano l'esito, però questi flati entrano nelle uscite intestina e le rigonfiano.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVII. Carteggio 1637-1638
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 584