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      Che una palla cacciata da grandissima altezza dall'archibuso o dall'arco all'ingiù possa perdere del primo impeto conferitogli, credo che l'esperienza lo mostrerebbe senz'altro, e V. S. lo concede; ma soggiugne poi, poter essere che quello che ella ha perso da principio per l'impedimento del mezo, lo possa poi per sè stessa andar raccquistando nel medesimo mezo. Questo veramente a me sarebbe duro a concedere, quando io non havessi esperienza o dimostrazione in contrario.
      Due altri particolari che ella tocca nella sua lettera, non ho potuto riscontrarli in quello che scrivo, intervenendovi figure lineari e rincontri di caratteri, impossibili essere da me fatti, come per mia infelicità resto privo di poter mai più intendere le mie medesime dimostrazioni, dove intervengono figure e calculi; ma perchè ella medesima me le ammette, io volentieri le trapasso. Solo gli dico che quello che posi per principio, cioè che i gradi di velocità accquistati da i cadenti sopra qualsivoglino piani, dei quali la elevazione sia la medesima, giunti che siano all'orizonte siano pari, lo ho poi dimostrato apertissimamente; e quando li piaccia, glie ne manderò la dimostrazione.
      La scrittura intorno alla percossa è assolutamente mia, fatta già più di 40 anni sono; ma poi l'ho ampliata assai assai, e esplicata molto più diffusamente. E tanto basti haverla tediata per ora: gli bacio con reverente affetto le mani e li prego da Dio felicità.
     
      D'Arcetri, il dì p.o di 7bre 1639.
      Di V. S. Ill.maDevo.mo e Obblig.mo Serv.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVIII. Carteggio 1639-1642
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 850

   





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