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      In proposito di che voglio adesso agiunger anch'io un mio pensiero, per cui stimo poter arrecarsi un'altra ragione di questa maggior luce del limbo che non è nel mezzo alla luna; et è quella stessa per cui V. S. Ecc.ma(376) ne insegnò che nella luna piena vediamo le parti della circonferenza risplender con luce più viva che non fan le più prossime al centro, cioè a dire il riflettersi de' raggi solari all'occhio nostro molto più vivamente dalle lucidissime punte de' monti lunari, moltiplicate alla nostra vista molto più verso la circonferenza che verso del mezzo, ove son sparse a mescolate con altre parti meno atte a ripercuoter i raggi: e tanto più in questo pensiero mi confermo, quanto che pur vicino alla quadratura, quando il crepuscolo lunare a noi invisibil si trova, per ogni modo par che si scorga in quella debolissima luce questa istessa differenza di lume.
      Ma vediamo hormai le ragioni per le quali si muove l'Ecc.mo Sig.r Liceti a creder che questa secondaria luce della luna non possa derivare dal riflesso della terra. La prima delle quali è, che essendo la luna così distante da tal riflesso circa il novilunio come dopo la prima quadratura, dovrebbe per conseguenza nell'una e nel'altra occasione vedersi egualmente illustrata; il che però non succede, essendo molto maggiore questa secondaria luce presso il novilunio di quello che sia dopo il quarto: che se, per lo contrario, diremo venirli la luce dal riflesso del'aria vicina, essendo la luna, con detta aria ambiente, più lontana al sole nel quarto che nel novilunio, ne verrà conseguentemente che più nel novilunio che nella quadratura apparir dovrà lucida e chiara, come per apunto succede.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVIII. Carteggio 1639-1642
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 850

   





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