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      Iidem Nicense gymnasium incendio amissum, ante adventum meum restituere cœperant longe numerosius, laxiusque, quam fuerat; etiam aliquantum erogaverunt, periculum est, ne parum utiliter; incompositum enim, & sparsum est. Præterea Architectus sane æmulus ejus, a quo opus inchoatum est, adfirmat, parietes (quamquam viginti, & duos pedes latos) imposita onera sustinere non posse, quia sint cemento medii fasti, nec testaceo (cioè laterizio) opere præcincti. E se peravventura altri è necessitato a servirsi di queste pietre naturali sciolte, procuri di prender quelle, che sono aspre, ruvide, spungose, porose, e che abbiano spessi cantoni; perciocchè quelle di questa maniera ricevono, e ritengono meglio la calcina, e molto meglio si serrano insieme coll'altre pietre, e co' pezzi de' mattoni, onde si fa ottimo incatenamento di muraglia. E quando si adoprano le pietre tenere, e frangibili, come quelle di tufo, e specialmente di quello più tenero, e renoso, del quale si trova gran copia in Toscana, e particolarmente in Siena, e ne' suoi contorni; benchè vi si trovi un'altra specie di tufo di buona saldezza, e molto duro, di maniera che se ne può fare ogni lavoro, come basi, colonne, capitelli, cornici, ed altro, siccome è ancora la pietra tenera, e la pietra forte: oppure quando s'adopera una ragione di tufo bianco, e così tenero, che si può tagliar coll'accetta, quale è quello, che si cava in Napoli dalle gran masse dette monti, il quale è leggiero spungoso, e gialletto, che s'accosta al bianco, e tenacemente s'unisce colla calcina; e tuttavia le muraglie, che d'esso si fabbricano (che quivi non si fanno d'altra materia) bene spesso si vedono spaccate, ed aperte, non solamente per la mala legatura, che si fa con esse, ma anche per la loro tenerezza, e perchè nel murarsi non son battute, nè serrate bene insieme, o perchè non sono quadrate; ma tagliate a caso: o quando si prende una specie di tufo nero pomicioso, leggiero, e tenero, come è quello, che si cava in Roma; il quale benchè faccia buona lega colla calcina, contuttociò le mura fatte di esso mostrano sempre qualche apertura: ovvero quando si adopra l'acqua salmastra, e untuosa per fare l'impasto della calcina colla rena; perciocchè, se è salmastra, rode la calcina, i mattoni, e le pietre, mentre si converte in sale; onde la calcina impastata con tale acqua, non è tenace, e la fabbrica rimane come se fosse murata a secco: imperciocchè, siccome la rena di mare non è buona, perchè presto si secca, e presto si bagna, e si disfà a motivo della salsedine; così per la medesima ragione l'acqua marina non è buona per murare.


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Trattato sopra gli errori degli architetti
di Teofilo Gallaccini
1767 pagine 124

   





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