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      I coraggiosi Ravennati, poco curanti sulla minacciosa soldatesca, riunivano, preparavano fucili, e lavoravano giorno e notte per far cartuccie.
      Ravenna presentava una fisonomia eccezionale: poca era la gente che s'incontrava per le strade, e quei pochi scivolavano sul pavimento come se fosse infiammato, guardandosi attorno per non essere sorpresi. Il contegno di quella prode popolazione era quale si può desiderare per le contingenze patrie dell'avvenire.
      I poveri che, com'è naturale, non trovavan lavoro, eran soccorsi d'ogni bisognevole cosa dai ricchi, e questi non sdegnavano d'accogliere alla loro mensa il figlio del povero. Stupendo spettacolo, ed esempio da imitarsi dovunque in Italia se si vorrà veramente raggiungere la meta d'una ricostituzione nazionale! Fra i Volontari era una smania indescrivibile di venir alle mani coi soldati del papa. In quei dì essi avevan ricevuto alcuni vecchi fucili, sorte che poi toccò ai Volontari di tutt'i tempi, cioè, di aver sempre, grazie alla malevolenza dei governanti, i peggiori fucili dello Stato. Ma che importava! poveri giovani! sin da allora essi si accostumavano a non contare il nemico, i disagi, il pericolo e le scelleraggini dei traditori sempre pronti a venderli ai nemici dell'Italia.
      Era veramente stupenda l'attività che regnava nel quartiere dei Volontari. Il capo fra mezzo ai militi, e gli ufficiali pure desiosi(26) di pugna a pro di quella patria, ch'essi eran venuti a servire attraversando l'Oceano, narravano ai giovani le gloriose fazioni di guerra combattute dalla Legione Italiana di Montevideo.


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Cantoni il volontario
Romanzo storico
di Giuseppe Garibaldi
Politti editore Milano
1870 pagine 195

   





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