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      «Celeste dote è negli umani - la corrispondenza d'amorosi affetti», dice Foscolo, che segue le anime elette, sacerdotesse dell'amore celeste sino oltre tomba.
      L'occhiata d'un perverso che vi fa l'effetto di una punta di stile, sarà dunque l'antitesi di quella dote e la potremo chiamar: dote infernale.
      E tale fu veramente l'effetto di quell'occhio sulla bellissima fanciulla romana.
      Riconfortata alquanto da quel primo scompiglio dell'esser suo - e tornata alla virile sua natura, Marzia era lì per consigliar l'amica di tornare verso il campo - ma voltandosi e scorgendo lo stesso individuo con altri, senza dubbio della stessa risma, che le seguivano, disse a Lina, senza rispondere al «cosa hai?» dell'amica, «sollecitiamo».
      Scivolavano quindi le tre giovani sul selciato del marciapiede di Piazza reale colla velocità e leggerezza della Silfide - ma nella popolosa Toledo a quell'ora facea mestieri rompere la folla per poter proseguire celeremente, e la folla trovavasi sempre più densa a misura che s'inoltravano verso il centro della città.
      Tutto ciò dava vantaggio ai persecutori, sulle giovani perseguite, che di più inciampavano nel non indifferente ostacolo che incontrano le belle donne nelle città grandi, quando non accompagnate da uomini, cioè: lo esser bersaglio alle occhiatine, ai motteggi, e sovente alla persecuzione de' cicisbei.
      Comunque, le tre compagne non eran ragazze da lasciarsi spaventare per poco, e la stessa Marzia sul di cui volto era improntata abituale malinconia - e che forse s'era aumentata col sinistro incontro - Marzia, dico, avea ripreso quel fiero contegno cui dava diritto l'indomito suo coraggio.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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