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      Singhiozzi d'un'anima veramente travagliata erano la risposta dell'infelice.
      «I tuoi Mille, Marzia, su cui speri ancora per liberarti, sono annientati. Essi furono distrutti dai generali Bosco e Van Michel: questa notte istessa avrai intesa le salve d'artiglieria, e le grida di vittoria, che echeggiarono dovunque in Palermo».
      «Bugiardi! Bugiardi!» urlava la giovine profetessa, «i Mille passeggeranno vittoriosi sui cadaveri dei vostri mercenarii, sino alla distruzione della fucina infernale che mantenete in Roma, nel cuore d'Italia, per la sventura di questo infelice paese, e del mondo».
      L'ultima parte della profezia potea avverarsi, ove i nostri concittadini fossero stati più solerti ad accorrere in sostegno dei Mille.
      Nuovo silenzio seguì le ultime parole di Marzia, e raffreddato il parossismo di sdegno, di collera, e di dolore che sinora l'aveva invasa, essa ricadde spossata sul miserabile pagliericcio dominata dalle più sinistre riflessioni. - Suo padre! suo padre nei sotterranei del Sant'Officio! Questo pensiero l'uccideva! - Coi Mille che essa avrebbe accompagnati a Roma, la liberazione del genitore era possibile. Ma ora, rinchiusa in questa malefica bolgia, ove pochi giorni avrebbero bastato a distruggerla!
      «Dio mio! che m'importa morire! non son io capace di affrontar la morte le mille volte come a Calatafimi! - La morte! - cos'è la morte? Ma la tortura! Dio mio! il mio povero padre sì amoroso, sì buono! alla tortura! colle sue carni strappate! la veneranda sua chioma insozzata, aggrumata da mortale sudore, e da sangue! in patimenti indescrivibili!


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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