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      L'arrivo di Lisa, salvata anch'essa dal coraggioso Manlio, ed in uno stato consimile a quello della sua signora, contribuì pure a distrarre ognuno dalla scena descritta. Da quel momento l'esistenza della contessa fu completamente trasformata. La lacuna la più interessante della vita donnesca s'era riempita, le brutali libidini gesuitiche caddero davanti all'amore celeste suscitato in lei da un uomo. Sì, da un uomo, e non da un gesuita, da un sacerdote della menzogna! E dico suscitato, e non creato, perchè quel celeste, amoroso senso esiste nell'anima nostra, se coltivato, se spinto verso la sua natura gentile, ma viene deviato, prostituito, distrutto, quando la graziosa creatura cade sotto il soffio appestato del tentatore.
      Il nuovo stato dell'anima sua contribuì non poco a ristabilirla. Essa smaniava di trovarlo, di vederlo, di saper chi era il suo liberatore; quella bella bronzata, maschia sua fisonomia che dovea certamente albergare l'anima d'un generoso, d'un eroe! tale come lo aveva veduto sognando.
      Essa smaniava, delirava, temeva di non più incontrarlo, ed avrebbe voluto precipitarsi dal letto nella sua impazienza malgrado le ammonizioni di coloro che la custodivano.
      Solo un sentimento di ribrezzo, più forte di ogni altro, che quasi superava il primo, la tratteneva, la disperava, le faceva nascondere il volto tra le coltri per non esser degno di luce. Essa!... era stata l'ancella d'un nemico del genere umano! E tali sembravano a lei oggi i settari del Sanfedismo!
     
     
     
      CAPITOLO XL.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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