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      «Io vi accompagnerò, ed accompagnerò questo mio salvatore, non perchè mi senta degna di voi e di lui: troppo macchiata, troppo infamata fu la passata mia esistenza. - Ma tanto santa, tanto umanitaria, è la causa da voi impugnata, ch'io non dispero di redimermi! Non dispero del perdono, e voglio in ogni modo consacrare questo infamato mio essere a servirvi, ed a servire l'emancipazione degli schiavi, sino alla morte! Marzia, la degna compagna di Lina, l'eroina dei Mille, fu da me travolta in inganno ed in servitù! Io ho servito d'istrumento ai persecutori della sua innocenza - e per prima prova del mio ravvedimento, io stessa vi condurrò alla liberazione dell'esimia guerriera!»
      Terminate queste parole, la bella testa della Contessa rialzavasi a contemplare il consesso degli uomini da cui aspettava una sentenza di vita o di morte. Tutta questa brava gioventù, però, non era altro che commossa per l'abbiezione di tanta bellezza, e per tanta possanza della romana patrizia. Stupefatto ognun contemplava ai suoi piedi la temuta patronessa della terribile società di Loiola, ed ubbidendo ad un senso di gentilezza comune nella gioventù, ognuno sentì nell'anima l'umile posizione della bella infelice, e s'udì una tempesta d'esclamazioni da tutti quei generosi: «Alzatevi! alzatevi!»
      A quella voce lo sguardo della Contessa rianimossi, negli occhi bellissimi si leggeva la contentezza, ma benchè dolcemente violentata dalla Lina, essa non volle alzarsi, e con uno sforzo estremo, esclamò:
      «Perdono! perdono! fatemi degna di seguirvi nella santa vostra missione!


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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