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      - Giù il cappello però, esse, le cime, hanno fatto l'Italia, ed avranno fra giorni una statua in Campidoglio, non so di che roba.
      La camorra divenne una potenza, ed il Governo di Napoli, codardo come quello dei preti che patteggiava con briganti, patteggiò colla camorra, e dalla stessa estraeva le spie più astute e pratiche, ed i sicari più sicuri, quando per ragione di Stato, dovevasi por fine all'esistenza di un individuo.
      Il consorzio, l'appoggio del governo, e la sua ingerenza sull'esercito, la fecero potente non solo, ma per la Dinastia borbonica la camorra diventò una vera e terribile guardia pretoriana. Composti però i camorristi della feccia inferiore del popolo, e per la maggioranza pasto da preti, essi abborrivano noi, rappresentati dal clero come eretici; ma più di noi, i piemontesi, cioè coloro che dipendevano direttamente dalla monarchia sabauda, tutta gente non popolo, come noi. E tale odio inveterato menomò forse il danno che la camorra avrebbe potuto fare all'esercito meridionale.
      Dopo la ritirata di Francesco II il 6 settembre, e quella dell'esercito Borbonico da Napoli, la fiducia principale dei Sanfedisti, nella capitale, fondavasi sulla camorra, ed il maggiore Fior di Bacco su questa faceva assegnamento.
      Nelle carceri di S. Elmo esistevano varii dei caporioni dell'ordine e fra loro il più formidabile era un calabrese nominato Tifone, che avea fatto parte della banda brigantesca di Talarico, nella quale avea servito come cappellano, circostanza non straordinaria, essendo i preti gli eccitatori ed i compagni dei camorristi e dei briganti.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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