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      Come miglior partito, e più breve, io mi decisi d'imbarcarmi per Palermo, ove non mi fu difficile persuadere quel bravo popolo, non esser giunto il tempo di parlare d'annessione, ma bensì di proseguir l'opera di unificazione nazionale, anche sino alla città eterna, se possibile. I figli del Vespro m'intesero subito, ed in pochi giorni io potei essere di ritorno all'esercito.
      Comunque, la mia breve assenza avea stimolato i reazionari della Metropoli Napoletana, e senza l'attività del Pallavicino e del generale Türr, che in quei giorni facea da capo di polizia, non so come sarebbero andate le cose.
      Era nella seconda quindicina di settembre; la brezza del mare avea soffiato tutto il giorno, e rinfrescata l'atmosfera.
      La popolazione della grande città inondava, per prendere il fresco verso sera, tutti i dintorni della stessa, ed una circolazione straordinaria di carrozze e pedoni stipava una delle vie secondarie, che dal centro di Napoli guidano verso la stazione di Caserta. In quella via piuttosto angusta, e già quasi per uscirne ed abbordare la stazione della via ferrata a destra andando trovasi uno di quei bugigatti di meschinissima apparenza, ma in sostanza molto importante, come vedremo procedendo. Lunga e stretta la stanza terrena, avea piuttosto l'aria d'un corridoio che d'un appartamento d'albergo. Due lunghissime panche e strettissime tavole, erano il solo adornamento del sudicio locale, e tali suppellettili lasciavano un passaggio strettissimo nel mezzo. A destra e a sinistra entrando, per compir l'apparato di casa, trovavansi due cucine ambulanti, ove due untissime donne stavano eternamente occupate a friggere, ciò che provava esser numerosi gli avventori.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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