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      Occupata S. Maria, bisognava occupare i siti a destra e sinistra che ne avrebbero facilitato l'ingresso, se in mano del nemico; dimodochè, ripeto, la nostra linea era difettosa, e consiglio ai miei giovani commilitoni, di non imitare la mia condiscendenza, quando si tratta d'una battaglia che può decidere delle sorti della nazione.
      Il difetto delle nostre posizioni e della linea nostra non mi lasciavan tranquillo, siccome i sintomi d'un'imminente battaglia a cui preparavasi l'esercito nemico più numeroso, più disciplinato e meglio fornito d'ogni cosa, del nostro.
      Circa alle 3 antimeridiane del 1° ottobre, io saliva in via ferrata a Caserta, seguito da parte del mio quartier generale, e giungeva a S. Maria, prima dell'alba; montavo in carrozza per recarmi a S. Angelo, ed in quel momento, udivasi la fucilata verso la nostra sinistra. - Il generale Mielbitz, che comandava le forze ivi riunite, venne a me, e mi disse: «siamo attaccati verso S. Tammaro, e vado a vedere ciò che v'è di nuovo». Io ordinai al cocchiere di marciare con tutta velocità. - Il rumore delle fucilate ingrossava, e si estese, a poco a poco, su tutto il fronte sino a S. Angelo. Al primo albore, io giungeva sulla strada alla sinistra delle nostre forze del centro, già impegnate, e giungendo fui accolto da una grandine di palle nemiche. - Il mio cocchiere fu ucciso, e la carrozza crivellata; e con me, i miei aiutanti furono obbligati a discendere, e sguainar la sciabola. - Ma mi trovavo in mezzo ai Genovesi di Mosto, ed ai Lombardi di Simonetta.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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