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      «Fratelli! io vi ringrazio per la manifestazione vostra d'affetto che ricorderò co' miei compagni tutta la vita. Devo però prevenirvi che noi non apparteniamo all'esercito italiano, oggi diretto verso il mezzogiorno, ma bensì a quella schiera dei Mille che, favorita dalla giustizia della sacrosanta causa d'Italia, oggi milita vittoriosamente contro i Borboni, alleati dei vostri tiranni; - quindi io vi consiglio di terminar le vostre acclamazioni per non esporvi alla rabbia pretina, oggi nel massimo del suo orgasmo».
      Il resto della giornata si passò in preparativi di partenza, e verso le 6 pomeridiane incamminossi la brigata verso Subiaco. Una testa di colonna di cavalleria, formata di dragoni romani, spuntava dalla via di Roma in quell'ora, ma la cavalleria non si teme, massime nelle montagne e da gente che non ha paura. Poi, i dragoni romani eran uomini disposti a non bruttarsi di sangue italiano, anche malgrado gli ordini feroci dei chercuti. Ciò sapevano i capi, e si contentavano quindi di seguire i figli della libertà senza raggiungerli e venir con loro a conflitto.
      I dragoni romani sapevano per tradizione aver il corpo a cui appartenevano contribuito gloriosamente alla difesa di Roma contro i soldati di Bonaparte nel 49 - e perciò eran sempre d'animo propenso a far causa comune coi liberi che consideravan fratelli.
     
     
     
      CAPITOLO LIV.
     
      SUBIACO.
     
      ....Firenze!
      Te beata, gridai: per le feliciAure pregne di vita e pei lavacri
      Che da' suoi gioghi a te versa Apennino.
      (FOSCOLO).
     
      È Subiaco, come Firenze, chiave dell'Apennino, ha le convalli popolate di case e di oliveti, e collocata nella gola d'una di quelle profonde vallate che mettono alle alte cime della Sibilla, quasi eternamente coperte di neve, riceve anch'essa i benefici e limpidi lavacri dell'Apennino.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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