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      Il marchese quasi certo della vittoria, aspettò un momento il competitore coll'arma in guardia per infilzarlo, ma vedendo che quello non avanzava, si mosse lui stesso, cercandolo colla punta del ferro.
      Talarico non s'era mosso; il suo aspetto sembrava impassibile, ma chi lo fissava negli occhi li vedeva roteare nell'orbita, e farsi sanguigni come quelli della pantera quando si dispone ad assalire un nemico.
      Appena però il suo avversario cominciò a marciare contro di lui, il feroce bandito, facendosi scudo del braccio sinistro, gli fu addosso, lasciò sfiorarsi l'antibraccio dal fendente della sciabola, mise la mano sinistra sull'elsa del marchese, e lo colpì, come con clava, sulla cervice.
      «Ahi!» - fu l'unica esclamazione del colpito, e tutti gli astanti videro piegar sulle ginocchia l'ufficiale del Papa, e stramazzare.
      Chicchessia avrebbe creduto la lama del pugnale di Talarico penetrata sino all'elsa nel corpo di Pantantrac, ma non fu così. Il brigante, svelto e destro com'era e coraggioso, nel colpire il suo nemico, rovesciò il ferro, dimodochè il solo suo pugno piombò sul cranio del marchese, e bastò per rovesciarlo svenuto.
      «Meglio così» disse Nullo, quando lo accertarono che non v'era ferita mortale. E Muzio, che era disposto a chieder soddisfazione a Pantatrac, che lo aveva pure accusato di tradimento, in conseguenza del depresso di lui stato, ne fece a meno, ed ordinò di prepararsi per la marcia.
      Prima dell'alba i trecento giungevano a Subiaco, ove sorprendevano le autorità pontificie ed alcuni gendarmi, non essendovi guarnigione di truppa.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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