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      Alto-piumate alla robusta vangaSospinte. Allor di corruzione il germe
      Inaridito, e la Nazion dotataD'incliti figli ed operosi e forti,
      Chiamati alla riscossa, a milïoniVoleranno all'appello e lo straniero
      Simile a nube mattutina, i montiRivarcherà per non più metter piede
      Su questa terra nostra sciagurata!
      Così non è! «Pochi, ma fidi a noiVogliam soldati e la metà di voi
      Serva, alla gleba!... l'altra ben pasciuta,
      Inciondolata, meretrice... ai cenniNostri devota. I vostri figli il carro
      Trascineranno del potente; il vostroFia dimezzato aver, alle dorate
      Sale e tripudii provvedendo e... zitto!
      Ché il lamentarsi è vieto; anzi plaudentiSulla felicità de' governati
      E la nostra Maestà clemente e amata»!
      E intanto, è Italia calpestata e servaDello straniero. In bando i suoi più fidi
      Di vergogne insoffrenti. Il fier delittoD'aver servito il mio paese ancora
      Una volta mi sfratta. Alle lontaneDell'Indo sponde un mendicato asilo
      Cerca, proscritto; la tua terra il pondoTüo più non consente. Invan l'amasti
      Come Dio s'ama! Se a vestir livreaPiegato avessi il dorso, e nella folla
      Accomunato di camaleontiIl tüo ai tanti prostituti nomi
      Avessi aggiunto, il tuo vagar cessatoAvria e pingue, e festeggiato, accolto
      Come in famiglia da chi regge. E il restoPera del Mondo, condannato al basto
      Ed a servir della fortuna i cari.
      Io vagherò nelle foreste! I fluttiDell'Oceàno insaleranno queste
      Guance abbronzate. Il parco mio sostegnoImplorerò dalle selvaggie torme
      Del nuovo Mondo, e l'incallita destraRipiglierà la vanga, anziché il mio


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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