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      E lo divora, e le miserie eternaDel popolo infelice, infinché stanco
      Di soprusi e di stenti, a disperataTenzon s'appiglia, e capovolge, e infrange
      Sin le reliquie di tiranni e servi.
      CANTO XXPALERMO
     
      Ecco apparir la Conca d'oro(142) e gli ortiDella bella Palermo! Un nembo asconde
      La città de' portenti e si rovesciaSulle libere schiere, imperversando
      A torrenti di pioggia. Imperturbati,
      Benché sprovvisti di coperta, i prodiRestan guerrier d'Italia alle tempeste
      Com'alle pugne preparati. Un lagnoNon s'ode da quei forti, e risoluti
      Sol di marciar, all'inimico è il grido.
      Siam pochi e lor son molti! I generosiA ciò non badan, di contar non usi.
      Non così il Duce del prezioso e sacroSangue de' suoi, delle vergogne e danni
      Dell'Italia lavacro! Con simileGioventù la tirannide di fronte
      Pugnar potria. Ma no! Sono più vieChe guidan a Palermo e i fier Sicani
      Sono a stormo, non lungi, impazïentiD'irromper sui malvagi, i secolari
      Soprusi a vendicar! Giriamo adunque,
      Ed inganniam, con falsa fuga, i proniServi del trono. A Corleone il calle
      Seguan gl'impedimenti e le non attePer un assalto artiglierie. Le ingorde
      Schiere a' fuggenti terran dietro, e intantoPer sentieri ritorti, a Gibilrossa
      Si raggiungan le squadre(143) e con quei prodiCome torrente rovesciam sui tronfi
      Dominatori della sacrosantaCittà dei Vespri.
      E così fu! La bellaFulgente aurora, che indorò le cime
      De' colli di S. Fermo e lo sbaraglioDe' predoni dell'Austria(144), i masnadieri
      Vide fuggire d'un tiranno nostro,
      Ma non men sozzo d'un estraneo. Il lido


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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