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      Se 'l merta il giogo, e non il fiacco è degnoDi libertade. Le sublimi fronde
      A non umíl cervice essa attorciglia,
      Né a prostituta alma indecente i suoiTesori schiude. Adorator mendace
      Dell'altrui boria ha rinnegato il sacroDell'uom decoro? E a che servir potrebbe
      Libertade a colui? Sol per far pompaDelle sue colpe e delle sue vergogne?
      Libertade alle pecore?... Un bel giornoLà nelle pampe io guerreggiava, e un gregge
      Mi s'affacciava derelitto. Il tempoTempestoso di pioggia, e le infelici
      Lanute, ove depresso era il terreno,
      S'affollaron paurose e accavalcaronsiPer superar la soperchiante e fredda
      Acqua piovana; sicché un bianco monteIn poco si formò di quei rigonfi
      Cadaveri, ed il vertice mostravaAlcune vive pecorelle, il piede
      Sul prossimo calcando. Un sol bastoneBastato avria a ricondur le incaute
      Sul ciglione e sottrarle dall'eccidioU' le condusse libertade(146). E botte!
      Dunque ai lanuti Moderati, e forte!
      Giacché di Libertà tanto paventano.
      Oh! com'è bello il tramontar d'un giornoDi vittoria sull'empio, ed il sorriso
      D'un sol che leva sull'emancipataTerra di prodi. All'arti tue invano
      Chiedi, Italia, un conforto e finché il lezzoTi putrefà dello straniero, invano
      Lo chiederai alla tua schiava prole.
      Sgombra da' fidi del Borbone alfine
      È la città festante. Il lupo è sparsoAncor però, e minaccioso e forte,
      Sulle Cariddie sponde, e finché un palmoResti di questa venturosa terra
      In poter del tiranno il sacro ferro,
      Che vi redense, non posate, o figliDella Sicilia. Le passate colpe
      Ricordate de' vostri, allorché ancora


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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