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      Allorchè essi non si posavano su alcun oggetto, una vaga malinconia, una languente tenerezza vi si dipingeva come in una luce umida: se non si fissavano su nulla o su nessuno, i sopracigli si riavvicinavano, si raggrinzavano ed appariva allora nella fronte una fitta ruga perpendicolare: le pupille, di grigie divenivano verdi, si tigravano di fibrille gialle: lo sguardo vi scintillava acuto quasi volendo ferire; poi tutto ad un tratto, riprendeva la sua primiera placidità ed il nostro personaggio mefistofelico ritornava un giovanotto elegante (membro, se vi piace, del Jockey-Club) che andava a passar l'estate a Napoli e ch'era soddisfatto di mettere il piede sopra sin pavimento meno mobile del ponte del Leopoldo.
      Il suo abbigliamento era elegante senza che nulla d'appariscente attirasse l'occhio: un pastrano bleu cupo, una cravatta nera punteggiata, allacciata senza ricercatezza come senza sciatteria, un panciotto d’ugual colore della sciarpa, un pajo di calzoni grigi chiari che cadevano su scarpe fini ed eleganti: questo era tutta la sua toilette: la catena dell'orologio era d'oro e semplicissima e un cordoncino di seta teneva sospese le sue lenti: la sua mano elegantemente inguantata sorreggeva un piccolo bastoncino terminato in cima da un pomo d'argento.
      Egli fece qualche passo sul ponte, lasciando posare vagamente lo sguardo sulla riva che si avvicinava sempre più e sulla quale si vedevano correre le carrozze e formicolare la gente e aggrupparsi quegli oziosi pe' quali l'arrivo d'una diligenza o d’un vapore è uno spettacolo sempre nuovo e sempre degno di attenzione, sebbene l'abbiano visto migliaja di volte.


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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano
1910 pagine 113

   





Jockey-Club Napoli Leopoldo