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      Paolo mangiò in camera sua, poichè o per timidezza o per disdegno egli non amava trovarsi in pubblico; poi egli si vesti e per aspettar l'ora conveniente in cui recarsi da miss Ward, egli visitò il museo degli studii: ammirò distratto la preziosa collezione di vasi della Campania; i bronzi scoperti negli scavi di Pompei; il casco greco di bronzo colorito di verderame che contiene ancora la testa del soldato che lo portava; il pezzo di mota indurita che conserva come uno stampo l'impronta d'un delicatissimo busto di donna sorpresa dall'eruzione nella casa d'Arrio Diomede, l'Ercole farnese e la sua prodigiosa muscolatura, la Flora, Minerva, i due Balbi e la magnifica statua d'Aristide, l'opera più perfetta che abbia lasciata l'antichità. Ma un amante non può essere entusiasta apprezzatore dei monumenti artistici: per lui il profilo della testa adorata vale tutti i marmi greci e romani.
      Avendo passato dunque alla meglio due o tre ore agli studii, Paolo si slanciò nella sua carrozza e si diresse verso la casa di campagna abitata da miss Ward.
      Il cocchiere, con quella intelligenza delle passioni che caratterizza le nature del Mezzogiorno, spingeva al trotto le sue bestie, e ben presto la carrozza si fermò davanti ai pilastri sormontati dai vasi di piante grasse che noi abbiam già descritto.
      La stessa serva venne ad aprire: i suoi capelli erano tuttora attorti in trecce indomabili: essa come la prima volta, non era vestita che d'una camicia di grossa tela lavorata al collo e alle maniche di ricami in colore e di una giubba di stoffa spessa e colorita traversalmente, come portano le donne di Procida; le sue gambe, scoperte al basso, mettevano in mostra, a nudo, sulla polvere, dei piedi che uno scultore avrebbe ammirato.


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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano
1910 pagine 113

   





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