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      La terra, il cielo, le acque, le montagne, gli alberi, i fiori, vane apparenze, forme sempre uguali! Quando si ha l'amore, si ha il vero sole, la luce che non si spegne mai.
      Cosi parlava il disgraziato Paolo; reso febbrile da una lirica esaltazione cui si mescolava spesso il delirio della sofferenza.
      A poco a poco i suoi tormenti si calmarono; ed egli cadde in quel sonno nero, fratello della morte e consolatore come quella.
      Il giorno, penetrando nella camera, non lo svegliò. Mezzogiorno e mezzanotte dovevano, ormai, aver lo stesso colore per lui; ma le campane giojosamente suonanti l'Angelus, rumoreggiavano in confuso nel suo sonno e lo tolsero, divenendogli a poco a poco più distinte, dal suo assopimento.
      Sollevò le palpebre, e prima che la sua anima addormentata si fosse sovvenuta, egli ebbe una sensazione orribile. I suoi occhi s'aprivano sul vuoto, sul nero, sul nulla; come se, sepolto vivo, egli si fosse scosso dal letargo nella bara; ma si rimise tosto. Ormai non doveva esser così per sempre? non doveva egli passare ormai ogni mattina dalle tenebre del sonno alle tenebre della veglia?
      Cercò a tastoni il cordone del campanello.
      Paddy accorse.
      Siccome egli manifestava la sua meraviglia nel vedere il padrone alzarsi cogli incerti movimenti di un cieco:
      - Ho commesso l'imprudenza di dormire a finestre aperte, gli disse Paolo per tagliar corto ad ogni spiegazione, e credo essermi preso un malanno; portami al canapè e mettimi vicino un bicchier d'acqua fresca: ciò passerà.
      Paddy, che aveva una discrezione del tutto inglese, non disse nulla e ubbidì il padrone.


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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano
1910 pagine 113

   





Paolo Angelus Paolo